Venerdì 10 novembre 2017, ore 21
Associazione Cinqueminuti e C. S. Rosta Nuova presentano
CIRÂN – LA BOCCA DELLA VERITÀ DELL’AMORE
Commedia sperimentale in quattro quadri
tradotta in idioma emiliano ispirata alla figura di Cyrano di Bergerac
Cast: Luca Criscuoli (Cirân) Julia Rossi (Rossana) Alessandro Calabrò (Cristian) Aldo Carboni (C. ed Vian) Andrea Terzi (Vis. Valveird) Giorgio Vinsani (Ms. Veinsol) Luciano Taroni ( Dorian)
Regia: Stile Teatrale
Scenografia: Alice Benazzi Costumi: Francesca Messori
Tecnico di compagnia: Andrea Morselli | Scratch Studio
Costruzioni e decorazioni: Marco Corbelli
Realizzazioni sartoriali: Monica Salsi
Maestro Arti Marziali: Davide Massari
Effetti: Giuliano Iori, Sergio Zancoghi
Produzione: Daria De Luca
Una produzione:
Associazione Culturale Cinqueminuti e Centro Sociale Rosta Nuova
In collaborazione con:
Fondazione I Teatri e ANCeSCAO Reggio Emilia
Con il sostegno di:
Regione Emilia-Romagna, Comune di Reggio Emilia, Comune di Correggio, Comune di Guastalla, Comune di Castelnovo ne’ Monti, Unione Montana dei Comuni dell’Appennino Reggiano, Coop Alleanza 3.0
Ingresso 10 euro
Il CYRANO di Rostand
Secondo la leggenda creata dalla tradizione teatrale, il cadetto Cyrano, follemente innamorato di sua cugina Rossana, che invece è innamorata del bel Cristiano, compie un gesto di estrema abnegazione: aiuta il suo rivale a conquistare la donna amata da entrambi, prestandogli il suo ingegno poetico. Questa scelta non sarà priva di conseguenze per il bizzarro triangolo amoroso. In ogni modo, scegliendo di dare la propria voce al corpo di un altro uomo, Cyrano si rivela il più sventurato e prolifico parlatore d’amore della storia di tutti i tempi.
Il CIRÂN di Stile Teatrale
Si può nei limiti di un linguaggio “popolare” mettere sotto osservazione un mito del teatro borghese senza farne la parodia? E il mito di Cyrano è imponente, perché dà per naturale che la donna fiorisce sui balconi annaffiata dalle amorevoli strofe di un giardiniere condiscendente; oppure, che uno brutto fuori è senza dubbio bello dentro, etc. Limitiamoci a dire che la versione di Stile Teatrale, se pur recitata in un idioma d’altri tempi, stuzzica il mito ma senza nulla togliere alla magniloquenza poetica del cadetto dal naso deforme. Tutto il resto lo lasciamo al godimento degli spettatori.
CIRÂN La bocca della verità d’Amore è uno spettacolo che rinnova in dialetto emiliano le imprese di Cyrano de Bergerac.
Recitato in dialetto da attori professionisti -dunque non “dialettale”- teatro provinciale ma senza “provincialismo”, il Cirân è di sicuro un riguardoso omaggio reso a una lingua che, sollecitata in modo garbato, ha espresso tutta la sua eleganza.
Ma al di là dell’operazione linguistica, il tema della passione di Cyrano viene qui correlato in forma critica alle visioni del presente: non dunque un Cyrano classicamente afflitto da un naso mostruoso, ma un Cirân preda della mostruosità interiore che condanna l’innamorato respinto a volere il bene dell’altro facendo del male a se stesso.
Teatro d’elite? No, poiché la critica sopravviene senza rigori vendicativi, e la demolizione del discorso “mostruoso” è condotta dai personaggi secondo una tecnica amorosa che nobilita le carezze e le stilettate di una lingua ancestrale, accessibile a un’intera comunità.
Teatro popolare? Certamente non popolano, come lo immaginano coloro che ritengono il popolo adatto solo alle burle grossolane, alla facile sentimentalità, alla morale scandalistica, al turpiloquio, alla sessualità…
UN PROGETTO TEATRALE che rinnova nel presente la tradizione del teatro in vernacolo, con l’obiettivo di estendere il suo nucleo espressivo anche al repertorio letterario classico e moderno, rivolgendosi a un pubblico più ampio, non solo locale o generazionale.
Un processo analogo ma più avanzato si può osservare ad esempio nel campo della musica, che da tempo non esita ad amalgamare in forme nuove elementi linguistici indifferenziati (etno-rock, etc).
Dunque non si tratta di un ripescaggio nostalgico del dialetto, talvolta ridotto a cliché grossolano, ma del tentativo di restituire vitalità, forma poetica e decoro scenico ad un patrimonio dalle potenzialità ancora inesplorate.
Ecco la scommessa: il dialetto come lingua viva, spregiudicata, che non insegna ma apprende, si arricchisce, si contamina di nuove espressioni, provenienti da altre realtà linguistiche, in una parola si reinventa.
Ma anche: il dialetto come lingua matura, capace di esprimere la molteplicità degli stati d’animo dell’uomo e la complessità dei conflitti presenti nel grande teatro, sulla scorta di autori come Ruzzante, Della Porta, Goldoni, Testori, Pasolini.
A titolo sperimentale, volendo cercare un testo classico, noto al pubblico, che possedesse la grazia della poesia, le sottigliezze del linguaggio amoroso, le sfumature psicologiche nei personaggi, la scelta è caduta di comune accordo sul Cirano di Bergerac.